Noi del Centro di Documentazione “Il Cubo” prendiamo atto positivamente della decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo e vogliamo partecipare al dibattito cittadino che infiamma gli animi. Ci rallegriamo della decisione perché la riteniamo un significativo passo avanti per promuovere la laicità della Stato che crediamo essere in pericolo.
Sicuramente l'atto di togliere un crocefisso dalla classe non è un qualcosa che metterà fine alla battaglia per il riconoscimento e l'eguaglianza delle minoranze religiose o nonreligiose, per la libertà di pensiero e di espressione.
Tuttavia non possiamo accettare che il crocifisso possa essere legittimato da uno Stato risultando offensivo e discriminante per quelle persone che legittimamente non accettano la sua esposizione in quanto non-cattolici o non-credenti, ma il punto che ci interessa è sottolineare l’ingiustizia che nasce dal privilegio che si dà ad una parte religiosa rispetto ad altre parti.
La religione in questi giorni si manifesta solamente come una difesa dei simboli, sembra folklore, un folklore che si richiama a quelle battaglie della Lega Nord in difesa della madonnina o del presepe e non di un vero e profondo atto di fede. Ci si dimentica volutamente che la religiosità dovrebbe essere una scelta personale e un fatto privato e che, dunque, qualsivoglia istituzione, tanto più se deputata all'educazione e allo sviluppo di una coscienza libera e critica ( obiettivo che dovrebbe essere primario nella scuola ), non deve essere piegata all'interesse di alcuna ideologia o confessione.
Pensiamo, inoltre, che di fronte al fenomeno migratorio che vede nella scuola il terreno di approdo di molti migranti sia importante cominciare a confrontarsi serenamente, alla luce della nuova realtà multietnica, di come il crocefisso sia un simbolo che ha valore per sempre meno persone, un simbolo di un' Italia che si sta trasformando, un simbolo che può essere di ostacolo a un percorso di integrazione basato sul riconoscimento di pari dignità e di eguali diritti.
Infine, ci sembra ridicolo il tentativo di distorcere la verità trasformando il crocifisso da simbolo religioso a simbolo di una generica tradizione.
Se di tradizioni si vuol parlare perché essere così selettivi? Perché non introdurre nelle classi il candelabro con le sette stelle e la scritta Lux lucet in tenebris simbolo della tradizione valdese, religione nata verso il XII secolo molto diffusa soprattutto in Italia?
Generalmente le tradizioni ci dicono poco o niente, anche se spesso sono usate a fini politici o di egemonia culturale da parte di organizzazioni forti e presenti in alcuni luoghi, come nel caso “Italia” per la chiesa, ma a quanto pare non molti lo notano: a questo punto visto il nostro caro nostalgismo, tradizione per tradizione, perché non rispolverare la pena di morte, usanza tanto bene accettata fino al 1948 e ancora presente fino al 1994 per i casi previsti dalle leggi di guerra?
Sicuramente l'atto di togliere un crocefisso dalla classe non è un qualcosa che metterà fine alla battaglia per il riconoscimento e l'eguaglianza delle minoranze religiose o nonreligiose, per la libertà di pensiero e di espressione.
Tuttavia non possiamo accettare che il crocifisso possa essere legittimato da uno Stato risultando offensivo e discriminante per quelle persone che legittimamente non accettano la sua esposizione in quanto non-cattolici o non-credenti, ma il punto che ci interessa è sottolineare l’ingiustizia che nasce dal privilegio che si dà ad una parte religiosa rispetto ad altre parti.
La religione in questi giorni si manifesta solamente come una difesa dei simboli, sembra folklore, un folklore che si richiama a quelle battaglie della Lega Nord in difesa della madonnina o del presepe e non di un vero e profondo atto di fede. Ci si dimentica volutamente che la religiosità dovrebbe essere una scelta personale e un fatto privato e che, dunque, qualsivoglia istituzione, tanto più se deputata all'educazione e allo sviluppo di una coscienza libera e critica ( obiettivo che dovrebbe essere primario nella scuola ), non deve essere piegata all'interesse di alcuna ideologia o confessione.
Pensiamo, inoltre, che di fronte al fenomeno migratorio che vede nella scuola il terreno di approdo di molti migranti sia importante cominciare a confrontarsi serenamente, alla luce della nuova realtà multietnica, di come il crocefisso sia un simbolo che ha valore per sempre meno persone, un simbolo di un' Italia che si sta trasformando, un simbolo che può essere di ostacolo a un percorso di integrazione basato sul riconoscimento di pari dignità e di eguali diritti.
Infine, ci sembra ridicolo il tentativo di distorcere la verità trasformando il crocifisso da simbolo religioso a simbolo di una generica tradizione.
Se di tradizioni si vuol parlare perché essere così selettivi? Perché non introdurre nelle classi il candelabro con le sette stelle e la scritta Lux lucet in tenebris simbolo della tradizione valdese, religione nata verso il XII secolo molto diffusa soprattutto in Italia?
Generalmente le tradizioni ci dicono poco o niente, anche se spesso sono usate a fini politici o di egemonia culturale da parte di organizzazioni forti e presenti in alcuni luoghi, come nel caso “Italia” per la chiesa, ma a quanto pare non molti lo notano: a questo punto visto il nostro caro nostalgismo, tradizione per tradizione, perché non rispolverare la pena di morte, usanza tanto bene accettata fino al 1948 e ancora presente fino al 1994 per i casi previsti dalle leggi di guerra?
Il Centro di Documentazione “Il Cubo”