Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

25 NOVEMBRE: GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO
LA VIOLENZA SULLE DONNE

Il Centro di documentazione Il Cubo ha deciso per l'ennesima volta di schierarsi contro l'ineguaglianza e la sopraffazione, contro quell'infamia che è una delle prime cause di morte e invalidità permanente fra le donne in Italia e nel mondo ovvero la violenza maschile.

Il 25 novembre cade l'anniversario dell'assassinio delle sorelle Mirabal, soprannominate le farfalle, oppositrici del regime dittatoriale della Repubblica Dominicana e uccise dai servizi segreti dominicani nel 1960. Fra gli anni ottanta e i primi anni novanta, i collettivi femministi latina-americani prima e quelli europei dopo, hanno fatto propria questa data, un'alternativa all'8 marzo ormai svuotato del reale significato politico, di lotta e di emancipazione.

Nel 1998 l'Onu ha proclamato il 25 novembre Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

In occasione di questa importante giornata il Cubo ha scelto di non tacere e di far sua questa lotta da cui la società italiana non è esentata e lo fa organizzando diverse iniziative a cui sono invitate tutte le cittadine e i cittadini.

  • Sabato 21 alle ore 10.30 in Piazza Dante davanti al Cubo per un reading musicale con letture di testimonianze al quale saranno presenti con un banchetto e una piccola mostra le attiviste di Amnesty International e del Collettivo femminista Rossefuoco
  • Domenica 22 alle 21.15 con la proiezione gratuita del film pluripremiato "Ti do i miei occhi" presso il Centro giovanile di Piazza Caselli 19
  • Mercoledì 25 invece il Cubo partecipa alla serata in programma al CSOA Askatasuna di Corso Regina Margherita con inizio alle 19.30 aperitivo e successivo spettacolo teatrale

Ancora troppo di frequente da noi e nel resto del mondo, donne e bambine sono vittime di violenza e tale violenza nasce principalmente tra le mura di casa, dove mariti, parenti e conoscenti abusano delle mogli, delle figlie, delle nipoti. Queste mura nascondono agli occhi esterni i misfatti, occhi che però potrebbero perfino dare torto alla vittima innescando una spirale di ulteriore violenza, questa volta psicologica, tradotta nella mancata attuazione della giustizia e nel furto della libertà individuale, dell'infanzia.

Anche sotto un altro punto di vista la casa è culla di tale violenza. All'interno delle mura domestiche troppo spesso si raccolgono, trasmessi dalla televisione e dalla famiglia, comportamenti e pratiche violente – a partire da quelle verbali - nei confronti delle donne. Modelli relazionali violenti che saranno assimilati da bambini e bambine che li porteranno per sempre nel loro vissuto, lezioni quotidiane di maschilismo che facilmente verranno riproposte a scuola, in strada e in una futura famiglia.

Come ci insegna il movimento femminista, è necessario includere nella definizione di violenza non solo lo stupro o il maltrattamento fisico ma anche forme di abuso psicologico, le forme di esclusione, i ricatti e le molestie sui luoghi di lavoro.

Quindi non solo della violenza sessuale bisogna parlare, siamo consapevoli che la donna vive tuttora il peso di una cultura fortemente maschilista che la vede come procreatrice, massaia e fornitrice di prestazioni sessuali, semplice merce di scambio o da esposizione. E questa cultura, regalataci a massicce dosi da spot televisivi, preti e dal comportamento di eminenti politici, potrebbe persino convincere le stesse donne che il loro posto è al servizio dei loro uomini.

Scegliamo di non tacere proprio perchè è il silenzio il peggior nemico della lotta contro la violenza sulle donne; numerosi studi fatti rivelano che sono ancora poche le donne che denunciano i maltrattamenti subiti mentre sono moltisisme quelle che nemmeno vogliono affrontare il discorso.

Il senso di colpa, la consapevolezza di aver sposato una persona violenta o di non esse riuscite a reagire, attanaglia molte di loro è forse una ferita più dolorosa di un livido.

Il diritto al lavoro, alla integrità fisica e psicologica delle donne sono elementi fondanti di una società realmente egualitaria, in cui sul corpo delle donne non si fa strumentalizzazione politica o religiosa. L'interruzione di gravidanza in molti Paesi del mondo non è ancora un diritto, in Italia c'è chi pensa di poterne fare a meno, accettando la morte o l'invalidità di centinaia di ragazze e donne pur di vedere vincere il proprio moralismo sessista.

Noi del Cubo ci schieriamo a fianco delle donne perchè non tacciano più, perchè lottino per una autentica libertà individuale, perchè cadano i pregiudizi legati all'orientamento sessuale, perchè sia rispettata l'altra metà del cielo.


Centro di documentazione "Il Cubo"

Il crocefisso, il folklore e l'Italia

Noi del Centro di Documentazione “Il Cubo” prendiamo atto positivamente della decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo e vogliamo partecipare al dibattito cittadino che infiamma gli animi. Ci rallegriamo della decisione perché la riteniamo un significativo passo avanti per promuovere la laicità della Stato che crediamo essere in pericolo.
Sicuramente l'atto di togliere un crocefisso dalla classe non è un qualcosa che metterà fine alla battaglia per il riconoscimento e l'eguaglianza delle minoranze religiose o nonreligiose, per la libertà di pensiero e di espressione.
Tuttavia non possiamo accettare che il crocifisso possa essere legittimato da uno Stato risultando offensivo e discriminante per quelle persone che legittimamente non accettano la sua esposizione in quanto non-cattolici o non-credenti, ma il punto che ci interessa è sottolineare l’ingiustizia che nasce dal privilegio che si dà ad una parte religiosa rispetto ad altre parti.
La religione in questi giorni si manifesta solamente come una difesa dei simboli, sembra folklore, un folklore che si richiama a quelle battaglie della Lega Nord in difesa della madonnina o del presepe e non di un vero e profondo atto di fede. Ci si dimentica volutamente che la religiosità dovrebbe essere una scelta personale e un fatto privato e che, dunque, qualsivoglia istituzione, tanto più se deputata all'educazione e allo sviluppo di una coscienza libera e critica ( obiettivo che dovrebbe essere primario nella scuola ), non deve essere piegata all'interesse di alcuna ideologia o confessione.
Pensiamo, inoltre, che di fronte al fenomeno migratorio che vede nella scuola il terreno di approdo di molti migranti sia importante cominciare a confrontarsi serenamente, alla luce della nuova realtà multietnica, di come il crocefisso sia un simbolo che ha valore per sempre meno persone, un simbolo di un' Italia che si sta trasformando, un simbolo che può essere di ostacolo a un percorso di integrazione basato sul riconoscimento di pari dignità e di eguali diritti.
Infine, ci sembra ridicolo il tentativo di distorcere la verità trasformando il crocifisso da simbolo religioso a simbolo di una generica tradizione.
Se di tradizioni si vuol parlare perché essere così selettivi? Perché non introdurre nelle classi il candelabro con le sette stelle e la scritta Lux lucet in tenebris simbolo della tradizione valdese, religione nata verso il XII secolo molto diffusa soprattutto in Italia?
Generalmente le tradizioni ci dicono poco o niente, anche se spesso sono usate a fini politici o di egemonia culturale da parte di organizzazioni forti e presenti in alcuni luoghi, come nel caso “Italia” per la chiesa, ma a quanto pare non molti lo notano: a questo punto visto il nostro caro nostalgismo, tradizione per tradizione, perché non rispolverare la pena di morte, usanza tanto bene accettata fino al 1948 e ancora presente fino al 1994 per i casi previsti dalle leggi di guerra?

Il Centro di Documentazione “Il Cubo”

Sulla vicenda rom

A Chieri da oltre un anno si parla della "questione rom", il Centro di documentazione "Il Cubo" ha redatto questa lettera per raccontare il proprio vissuto in questa vicenda, seguita con passione in dal suo inizio, ed esprimere il proprio parere contro le troppe falsità che si sono dette, molte delle quali caratterizzate dalla malafede di chi le ha espresse.
Esprimiamo il nostro appoggio al Comitato pace e cooperazione internazionale che in questi mesi ha svolto un lavoro di sincera solidarietà umana e cooperazione qui nel "nord" del mondo.
Sulla vicenda delle tre famiglie rom di origine bosniaca, il comportamento dell'amministrazione attuale e della precedente non si discosta da un modo di fare che così possiamo riassumere: la legge la si usa quando fa comodo e il richiamo ad essa e al suo rispetto è subordinato al consenso degli elettori.
Ripercorrendo le tappe della vicenda, nell'agosto 2008 l'amministrazione Gay ricorda alle famiglie rom che vivono su un terreno agricolo (non edificabile) che devono andarsene se non vogliono essere sgomberate con l'intervento della forza pubblica.
L'amministrazione, nelle persone del Sindaco Gay e dell'Assessore Zullo, si fa forte della legge e dietro di essa si nasconde per vantarsi di poter mandare via gli "zingari". Mandarli dove non lo sa l'amministrazione nè tantomeno i rom sanno dove spostarsi, ma di questo il Sindaco non sembra per nulla turbato.
L'unica soluzione che viene data alle famiglie è quella di andarsene, l'amministrazione persegue questa strada sorda alle proposte che fin dall'inizio abbiamo fatto. Senza essere ascoltati, siamo stati accusati di voler far chiudere un occhio sulla vicenda, invece non chiedevamo altro che l'amministrazione andasse incontro allo stile di vita dei rom e alle loro esigenze primarie, talvolta urgenti, attrezzando di acqua e corrente elettrica il terreno, e se non quello di Strada Fontaneto un altro. Chiedevamo che l'accoglienza dei rom diventasse un fiore all'occhiello per la nostra città.
A ottobre 2008, dopo quasi tre mesi di lotta condotta da noi, da Rifondazione comunista di Chieri e dal Comitato pace e cooperazione internazionale, l'ordinanza di sgombero viene sospesa poichè una privata cittadina decise di mettere a disposizione dei rom la propria cascina.
Scoppia l'ira degli abitanti della borgata Canarone, futuri vicini dei rom. Questi, o meglio alcuni di loro, animati da puro e semplice pregiudizio razzista sfruttano il Tavolo di supporto dell'insediamento delle famiglie per bloccarne il trasloco. Per tutelare la loro tranquilla e ricca libertà, tentano di imporre ai rom regole palesemente lesive della libertà individuale che nessuno di noi si abbasserebbe (giustamente) a rispettare. Nel frattempo nel terreno di Strada Fontaneto, i due nuclei che non hanno avuto l'alloggio destinato all' emergenza abitativa (ad una famiglia era stata data in precedenza la residenza a Chieri) passano uno dei più gelidi inverni del secolo.
Questa situazione non interessa agli abitanti di Canarone che sostenuti da diversi partiti politici, si inventano sempre nuove richieste a cui il Tavolo dovrebbe sopperire; discutono, pavoneggiandosi della loro professionalità, sulla corretta redazione del progetto; danno voce ad informazioni false sul conto dei rom; pongono problemi inesistenti come (un esempio fra tanti) quello relativo alla presunta destabilizzazione che l'inserimento di 16 nuove persone comporterebbe in una borgata di 70 abitanti circa... puri vaneggiamenti dato il tanto professato clima comunitario a Canarone non c'è ed alcune esternazioni di residenti della borgata lo hanno dimostrato. Tutto questo lo fanno dichiarandosi loro i più preoccupati delle condizioni di vita dei rom e sostendendo la ridicola tesi per cui è meglio, per l'integrazione stessa dei rom, che essi stiano in altre zone di Chieri e non vicino a casa loro.
A marzo finalmente il dialogo con Canarone viene interrotto e ad aprile i due nuclei familiari riescono a traferirsi, ma le elezioni comunali sono alle porte e sulle spalle dei rom viene condotta buona parte della campagna elettorale, senza alcuna sensibilità nei confronti delle persone in questione fra cui, ricodiamo, molti minori alcuni dei quali inseriti nelle scuole elementari chieresi.
Con la nuova amministrazione, che conta al suo interno il precedente assessore che tanto fece contro i rom, la situazione non sembra mutare. I rom, ormai all'interno della cascina devono subire da settembre nuovi attacchi discriminatori.
Spuntano di nuovo fuori le "leggi da far rispettare", ma i soli che devono farlo sembrano essere soltanto i rom.
Nuovamente dei dati personali, come le scadenze dei permessi di soggiorno sono divulgate ai quattro venti col meschino scopo di criminalizzare queste persone nonostante la loro situazione personale renda difficile una loro espulsione (in quale Paese si manda una persona nata in Italia?). E soprattutto, con che motivazioni si vorrebbero espellere degli innocenti? Dato che per noi non essere italiani non è reato, facciamo risalire la diffusa pratica di arrogarsi il diritto di trattare i rom come "non persone" ad una deprecabile boria razzista.
Vogliamo aprire una breve parentesi su un'altra motivazione usata per allontanare i rom da Canarone, ovvero la loro presunta non integrazione. Ecco un 'altra parola di cui molti si riempiono la bocca: integrazione. Innanzitutto la suddetta è un processo e non una formula magica! ? un processo multilaterale e non unilaterale che ha poco a che vedere con la assimilazione che forse alcuni pretendono dai rom e in generale dai migranti. Come possono i residenti di Canarone giudicare sull'integrazione delle famiglie se non si sono mai osate andare a scambiare con loro due parole?
Sveliamo il trucco, questa è un'altra scusa, più fine, per delegittimare non solo il processo che sta avvenendo ma, ancor più grave, per mettere in cattiva luce delle persone col solo ed unico interesse di non averle più come vicine di casa.
Anche l'esito di un sopralluogo dell'Asl (chiamata dai vicini) è usato contro i rom per il solo obiettivo di mandarli via da lì. La casa, che secondo l'Asl dovrebbe semplicemente ricevere qualche accorgimento, dopo un controllo ad hoc del Comune è dichiarata inagibile.
In buona sostanza, per far contenti i residenti e gettare, dove non importa, i deboli della situazione e evitare che i ricchi locali si debbano integrare con loro, la nuova amministrazione adotta comportamenti discriminatori mirati, come appunto verificare le condizioni di una sola casa chiudendo gli occhi sulle tante altre situazioni di inagibilità presenti sul nostro territorio (non entriamo nel merito degli ancor più numerosi casi di abuso edilizio!) e, anzichè ricercare il benessere e la stablità e di tutti i suoi cittadini punta a vederne 16, di cui 11 minori, sulla strada o comunque in zone politicamente meno influenti di Canarone.
Per concludere, da un anno ad oggi in questa vicenda, abbiamo osservato un utilizzo delle leggi esclusivamente mirato ad allontanare, separare. Il richiamo alla legalità ha nascosto comportamenti xenofobi come, d'altronde, sono xenofobi il cosiddetto "pacchetto sicurezza" e la "Bossi-Fini".
Ci sorge spontanea una domanda, una legalità che non persegue l'integrazione di tutti e tutte nella società ma, la criminalizzazione dei suoi soggetti più deboli ed emarginati, è degna di questo nome?
Secondo noi no. Una società che si rispetti deve innanzitutto saper accogliere, fare il possibile perchè tutti i suoi cittadini possano avere una vita decorosa, essa deve farsi carico della riduzione delle ingiustizie e colmare le disparità sociali ed economiche, e per tale motivo essa deve guardare a chi è più svantaggiato.
Attualmente certe leggi sembrano essere usate come spada appena se ne presenti l'occasione. E, domanda, se questa spada fosse oltremodo più affilata quando ci sono da dividere i poveri dai ricchi?
Non vogliamo pensare che questo nuovo animo securitario e elitario sia già così radicato a Chieri, non vogliamo credere che il Sindaco permetta comportamenti come quelli sopra citati.
Talvolta non servono grandi dichiarazioni per avallare un'ingiustizia, basta restarla a guardare e tacere.
Il Centro di Documentazione "Il Cubo"

Sulle Linee Programmatiche della nuova amministrazione

Qualche settimana fa il Consiglio comunale di Chieri ha discusso le Linee Programmatiche della nuova Amministrazione, contenute in un documento che enuncia le linee guida di governo per il prossimo quinquennio.
A nostro parere occorre sottolineare come nel testo, nei capitoli riguardanti temi sensibili e che ci toccanoda vicino come la cultura, l´istruzione e le politiche sociali rivolte a giovani, minori e adolescenti, compaiano alcuni riferimenti su cui mai finora le pubbliche amministrazioni si erano soffermate: i concetti di bene, bello e vero, l´appartenenza a una supposta civiltà occidentale, la necessità di recuperare "i veri valori esistenziali" e combattere il dilagare di un "relativismo oggi dominante" e "annichilente", la "sempre più impellente necessità di ricostruire un patrimonio di valori certi volti al recupero delle proprie radici e della propria identità" che sarebbe messa a repentaglio dalle attuali tensioni sociali.
A leggere tali affermazioni, che sconfinano nell´ambito dell´etica e della morale sulla quale pensiamo unico giudice debba essere il singolo individuo, viene da chiedersi dove risieda la verità dei valori, da quale autorità possa essere determinata, o ancora quale sia il contenuto del concetto di bene, o quali siano i tratti peculiari della civiltà occidentale, o infine da quali elementi salienti sia composta la nostra identità.
Il centro di documentazione Il Cubo si ritiene parte del fronte di coloro che, in forma singola o organizzata, stanno conducendo una battaglia, innanzitutto culturale, per l´affermazione di valori quali il rifiuto di ogni forma di razzismo e discriminazione, il riconoscimento di pari dignità a ogni uomo e ogni donna, l´antifascismo e la lotta contro ogni forma di sfruttamento; ma siamo altresì impegnati a difesa della laicità e contro l´imposizione di qualunque tipo di dogmatismo, crediamo che non ci siano verità, ma prospettive di cui ogni persona possa sentirsi partecipe tollerando le prospettive altrui di credo, di vita, etiche o politiche, crediamo che la civiltà cui apparteniamo, ossia quella umana, sia una civiltà multiforme, varia, colorata e in continuo mutamento e lottiamo contro coloro che vogliono erigere muri, fisici o ideologici, tra i popoli, crediamo che ciò che oggi annichilisca la società sia la cultura dell´intolleranza, del sospetto, dell´individualismo liberista che per servire i propri interessi è disposto a sacrificare i rapporti umani, la difesa dei diritti e delle libertà altrui, l´equilibrio ecologico con la natura, più che difendere le nostre radici pensiamo si debba dedicare cura alla costruzione del nostro futuro comune in un "mondo diverso possibile" dove gli ideali di giustizia, eguaglianza e solidarietà siano realizzati, pensiamo che il ricorso al discorso identitario sia da contrastare e abbandonare in quanto foriero di divisioni e spesso, nel passato più o meno recente e ancora nel presente, di discriminazioni e violenza, crediamo che non esista un´identità univoca e ascrittiva, bensì molteplici affiliazioni che sono frutto delle tante, diverse esperienze della nostra biografia e sono aperte al confronto e al mutamento di fronte agli incontri futuri.
Se i nostri ideali coincidessero con quelli che soggiacciono agli intenti espressi nelle Linee programmatiche, non potremmo che esserne compiaciuti, ma poiché siamo consci di esprimere ideali e pratiche politiche di una minoranza della popolazione, nonostante ciò, come cittadini con una coscienza sociale e politica sentiamo la responsabilità di essere di stimolo, grazie al nostro seppur modesto contributo, alla nascita di un ampio dibattito cittadino su tali tematiche e di chiamare i nostri governanti a rispondere delle loro intenzioni e del loro approccio politico.
Poiché, come evidenziato nella premessa del documento, secondo l´Amministrazione è necessario costruire "un ambiente politico e amministrativo locale fondato sulla partecipazione e sulla condivisione di un ampio numero di protagonisti della vita politica, sociale, istituzionale e civile cittadina", il centro di documentazione Il Cubo invita i responsabili delle politiche cittadine a confrontarsi su tali tematiche, pur consci delle differenze di ideali, sensibilità, esperienze politiche e metodologie di intervento che corrono tra noi e molti esponenti dell´attuale maggioranza. Invitiamo altresì quanti sono attivi, in forma autonoma o associata, nella vita politica e sociale chierese a impegnarsi affinché non si instauri una sorta di "gestione etica" della cultura, dell´istruzione e delle politiche sociali nella nostra città e a contribuire al dibattito che proponiamo quale fondamentale momento di crescita collettiva.

Il centro di documentazione Il Cubo