Per l'acqua: dure lotte in Ecuador

L’acqua, un diritto umano non un affare

Anche noi come Comitato acqua pubblica chierese stiamo conducendo una battaglia contro la privatizzazione dell'acqua che ci vede sempre più coinvolti e ci vede sempre più convinti che questa campagna troverà per ogni giorno, per ogni ora che passerà maggiori sostenitori perchè la grande maggioranza delle persone ha a cuore la tutela dell'acqua, la considera un bene comune ed è contraria a consegnarla ai privati e al mercato. Lo dimostra il fatto che neanche in un mese abbiamo riaggiunto 500.000 firme come Forum italiano per i movimenti dell'acqua.
Siamo forti nelle nostre convizioni e siamo solidali con tutti i popoli che in questo momento stanno affrontando lo stesso nostro problema, la stessa nostra battaglia. Per questo gridiamo rabbia insieme al popolo ecudoriano.

15 giorni di dure lotte in Ecuador contro la legge sull’acqua che il governo era in procinto di approvare, ma alla fine la legge è stata bloccata grazie alla mobilitazione. Il Presidente della Repubblica dell’Ecuador è stato costretto a sospendere la votazione definitiva in parlamento per realizzare una consultazione con le nazionalità ed i popoli indigeni. Consultazione prevista dalla Costituzione ogni qual volta il parlamento si trova a dover decidere sui diritti fondamentali dei popoli indigeni. Tra questi l’acqua.
Al centro della lotta, quindi, non c’è solo la questione di merito sulla privatizzazione, ma anche una prassi di democrazia partecipativa conquistata in anni di lotte e sancita dalla nuova Costituzione. Al centro della vicenda c’è quella che i movimenti dell’acqua latinoamericani chiamano riappropriazione sociale: ripubblicizzare è il primo passo, ma la gestione non può essere qualla centralistica da parte dello stato, ma deve essere partecipata dalla popolazione, nazionalità indigene, lavoratori del settore.

Nell’articolo di Alberto Costa si ripercorrono le rivendicazioni indigene sull’acqua ed i nodi teorici e pratici della lotta per l’acqua in Ecuador:


12/5/2010
Di Alberto Acosta 
“Il diritto umano all’acqua è fondamentale e irrinunciabile. L’acqua costituisce un patrimonio nazionale strategico di uso pubblico, inalienabile, imprescrittibile, irrinunciabile ed essenziale per la vita.”


Costituzione di Montecristi, articolo 12, 2008.

Uno dei punti su cui più si è avanzati nell’Assemblea Costituente di Montecristi è stato quello relativo al trattamento dell’acqua e delle risorse idriche. Di fatto, i risultati su questo aspetto hanno fatto sì che molte persone si decidessero a votare per il SI nella consultazione popolare del 28 settembre 2008, in cui la nuova Costituzione è stata approvata a maggioranza.
Attualmente la legge sull’acqua paradossalmente si trasformerà definitivamente nello spartiacque della cosiddetta “rivoluzione cittadina”. Qui si decanteranno le diverse posizioni. Non c’è alternativa alla realizzazione della Costituzione. Non si possono raggiungere accordi che calpestano la Costituzione. Così come succede in questi giorni, quando si discute la legge sulle risorse idriche, dentro e fuori Montecristi, quando si presentano quelli che difendono l’acqua come un diritto umano fondamentale e quelli che agiscono per interessi particolari.
Ricordiamoci della pressione di INTERAGUA, l’impresa che privatizzò il servizio idrico in Guayaquil e che in questi giorni ha ottenuto l’ampliamento della sua concessione nonostante i risultati negativi della valutazione realizzata dalla Contraloría Generale dello Stato. I suoi interessi sono stati difesi dai suoi rappresentanti che circolavano in permanenza nei corridoi dell’Assemblea Costituente, e incluso da un paio di parlamentari del movimento ufficialista e da qualche alto funzionario del governo del presidente Rafael Correa. Questi gruppi hanno tentato di trovare una via d’uscita basata giusto “sul diritto di accesso all’acqua” lasciando così aperta la strada alla sua mercificazione, ovvero alla sua privatizzazione. Tutto indica che questi stessi gruppi sono quelli che hanno favorito l’ampliamento della concessione incluso prima che la legge sull’acqua sia approvata.
Nonostante tutto, alla fine in Montecristi ha vinto, con un’ampia maggioranza, la tesi della vita: l’acqua non può essere vista come un affare. L’acqua è un diritto umano fondamentale. Per questo la Costituzione non si è limitata esclusivamente a impedire la privatizzazione dell’acqua, anzi essa è esplicita nel favorire la de-privatizzazione dell’acqua. Da questo ne discende la proibizione per ogni tipo di vendita di diritti o permessi sul suo uso, in primo luogo delle concessioni che portano all’accaparramento dell’acqua da parte di pochi a detrimento della maggioranza.
Per raggiungere questo risultato, così come lo vediamo oggi, si è potuto contare su una grande partecipazione e mobilitazione della società, soprattutto del movimento indigeno e contadino, ferramente uniti nella difesa dell’acqua. Questa presenza e questo contributo sono stati decisivi. Senza sminuire il lavoro di molti parlamentari, va sottolineato il contributo delle organizzazioni della società civile impegnate da molti anni nella lotta in difesa dell’acqua, come Ecuarunari, Conaie, Fenocein, Foro delle Risorse Idriche, fra gli altri, che ha permesso di consolidare una opposizione ferma e vigorosa.

Concentrazione, cattivo uso e contaminazione dell’acqua

L’Ecuador è un paese con acqua sufficiente in termini nazionali e con quattro volte più acqua superficiale della media mondiale pro-capite. Il problema è che è mal distribuita, che la contaminazione aumenta e che si stanno rapidamente distruggendo le fonti.
La concentrazione dell’acqua in poche mani è notevole. Lo Stato, attraverso 64.300 concessioni, ha consegnato 2.240 m3/s d’acqua; una quantità superiore in realtà per l’appropriazione indebita del liquido vitale.
I due terzi di questo patrimonio (74,28%) si sono registrati nel settore elettrico, con 147 concessioni. Il settore dell’irrigazione con 31.519 concessioni rappresenta il 49,03% del totale; vale a dire il 19,65%. Le concessioni per l’uso domestico dell’acqua sono numerose, 21.281 (33,1%), però rappresentano appena l’1,22% della quantità data in concessione.
Molte grandi imprese, ad esempio le bananiere, i zuccherifici o le compagnie di pesca dei gamberi, pagano somme misere per l’acqua che utilizzano. I contadini che coltivano riso nella provincia del Guayas, per esempio, pagano un valore 120 volte superiore per avere accesso all’acqua di quello che pagano lo zuccherificio San Carlos o la bananiera REYBANPAC; i contadini Toacazo nella provincia di Cotopaxi pagano 52 volte di più e quelli di Licto nella provincia del Chimborazo pagano 35 volte di più. Inoltre queste grandi imprese sfruttano l’acqua ottenuta al limite delle disposizioni legali. Ci sono anche naturalmente delle concessioni inutilizzate e le speculazioni sono all’ordine del giorno.
La concentrazione dell’acqua nell’agro è nota. La popolazione contadina, in particolare quella indigena, con sistemi comunali di irrigazione, rappresenta l’86% degli utenti. Tuttavia questo gruppo usufruisce solo del 22% della superficie irrigua e accede appena al 13% del patrimonio idrico. Mentre i grandi consumatori, che non rappresentano che l’1% delle unità produttive, ne concentrano nelle loro mani il 67% . L’accesso ineguale a queste risorse rappresenta una causa determinante dell’ingiustizia sociale. Ed è anche, a sua volta, spiegazione del potere politico egemone.
Nel settore agricolo-pastorale, l’uso dell’acqua si concentra nel settore dell’agro-esportazione. Le esportazioni comportano un maggior contenuto di acqua irrigua rispetto alla produzione di alimenti per il mercato interno. Si noti che la produzione di alimenti per il consumo nazionale si è indebolita e che il paese si è trasformato in importatore di alcuni di questi.
Il consumo di acqua (e nello stesso tempo la sua contaminazione) è aumentato con l’aumento della popolazione nelle ultime decadi e anche per l’incremento di attività produttive che richiedono troppa acqua, soprattutto quelle dirette al mercato estero.
La perdita dei terreni di altura e la de-forestazione crescente spiegano questa realtà complessa e nello stesso tempo il processo di intasamento dei fiumi sulla costa per effetto dell’erosione permanente delle montagne e delle loro falde; qui risiede un’altra spiegazione delle ripetute inondazioni sulla costa. Non sono stati per nulla risolti i gravi problemi causati dall’uso contaminante dell’acqua nell’estrazione del petrolio e nella gestione dei suoi residui nella regione amazzonica.
Uno dei motivi fondamentali della tensione che sta montando attualmente, è l’intenzione di dare permessi per le attività minerarie, consumatrici di una grande quantità d’acqua. Si tratta di un tema cruciale, poiché le grandi miniere provocherebbero continui conflitti per la disponibilità dell’acqua oltre che contaminarla con conseguenze gravi per la sovranità alimentare.
Ci sono studi che dimostrano come la contaminazione provocata dalle miniere esistenti si estende pericolosamente lungo la costa ecuadoriana arrivando fino al nord del Peru. Parte delle piantagioni di banane in Ecuador sarebbero già contaminate da mercurio e da altri metalli. Stessa cosa dicasi per le piantagioni di cacao e per l’acqua-coltura. Una parte incluso delle fonti usate per rifornire dell’acqua potabile la città di Guayaquil sarebbero a rischio.

L’acqua come un diritto umano: un passo storico

Per affrontare tutte queste contraddizioni la Costituzione è categorica. In concreto, nell’articolo 12, è sancito che
“il diritto umano all’acqua è fondamentale e irrinunciabile. L’acqua è patrimonio nazionale strategico di uso pubblico, inalienabile, imprescrittibile, irrinunciabile e essenziale per la vita.”
In consonanza con questa definizione costituzionale, fin dall’inizio, nell’articolo 3 della Costituzione, si stabilisce come primo dovere primordiale dello Stato:
“Garantire senza alcuna discriminazione l’effettivo godimento dei diritti stabiliti nella Costituzione e nelle leggi internazionali, in particolare l’educazione, la salute, l’alimentazione, la sicurezza sociale e l’accesso all’acqua per tutti gli abitanti”.
Partendo da questa definizione iniziale, nella plenaria dell’Assemblea Costituente a Montecristi sono stati approvati tre principi fondamentali:
1.L’acqua è un diritto umano,
2.L’acqua è un bene nazionale strategico di uso pubblico; l’acqua è un patrimonio della società, e
3.L’acqua è una componente fondamentale della natura, la quale ha diritti propri ad esistere e a mantenere i propri cicli vitali.
L’importanza delle disposizioni costituzionali è molteplice.
In quanto diritto umano è stata superata la visione mercantile dell’acqua e si è recuperata quella di “utente”, vale a dire quella di cittadino e di cittadina, invece di quella di “cliente”, che si riferisce solamente a chi la può pagare.
In quanto bene nazionale strategico, è stato riscattato il ruolo dello Stato nel fornire i servizi relativi all’acqua; un ruolo in cui lo Stato può essere molto efficiente.
In quanto patrimonio si è pensato a lungo termine, liberando l’acqua dalle pressioni, a brevissimo termine, del mercato e della speculazione. In quanto componente essenziale della Natura, si è riconosciuto nella Costituzione di Montecristi l’importanza dell’acqua come essenziale per la vita di tutte le specie, e cioè di tutto ciò che implicito nei Diritti della Natura.

L’acqua come un diritto in uno Stato plurinazionale e interculturale

Il riconoscimento dello Stato ecuadoriano in quanto Stato plurinazionale e pluriculturale non è stato un fatto accidentale o poco approfondito infatti è risultato dalla constatazione che soltanto con il riconoscimento delle diversità, dell’ingiustizia storica verso i popoli indigeni e delle nostre diverse origini si può costruire uno Stato includente. Uno degli spazi in cui la plurinazionalità riveste più senso è proprio nella gestione, nella cura e nella responsabilità rispetto all’acqua: questo vuol dire risolvere la questione dell’accaparramento dell’acqua, la sua privatizzazione e la sua necessaria de-privatizzazione.
E’ indispensabile, inoltre, riscattare tutto il potenziale culturale dei popoli e delle nazioni indigene, depositari ancestrali di pratiche e tecniche, spesso millenarie, per la gestione sostenibile dell’acqua. Le loro conoscenze in questo ambito sono solide. In questo senso è indispensabile la loro attiva e diretta partecipazione in tutte le istanze che riguardano la gestione e il controllo dell’acqua, incominciando dal Consiglio Plurinazionale dell’Acqua.
In particolare degli indigeni e dei contadini, che sono stati gli attori-chiave nel dibattito costituente e che, anche prima, hanno seguito attentamente e minuziosamente tutti i progetti di legge sull’acqua che sono stati discussi da quando si è conclusa la Costituzione. Con questa nuova legge dell’acqua loro mettono in gioco temi fondamentali per la riproduzione sociale, culturale ed economica della loro stessa vita. Mentre gli abitanti delle città si sono in qualche modo allontanati da questo tema così vitale, sono i contadini e gli indigeni quelli che ancora una volta si mobilitano a beneficio di tutta la società.
Per obbedire al dettato della Costituzione non è sufficiente chiudere la porta a future privatizzazioni. Bisogna riconvertire TUTTE le privatizzazioni esistenti. Questo comporta la re-distribuzione dell’acqua che attualmente è accaparrata da un piccolo numero di persone. La Costituzione dispone, per conseguenza, nell’articolo 281, numero 4:
“Promuovere politiche distributive che permettano l’accesso dei contadini alla terra, all’acqua e ad risorse produttive.”
A complemento, nell’articolo 282,
“si vietano la concentrazione della terra e il latifondo, così come l’accaparramento o la privatizzazione dell’acqua e delle sue fonti. Lo Stato regolerà l’uso e la gestione dell’acqua di irrigazione per la produzione di alimenti, secondo i principi di equità, efficienza e sostenibilità ambientale.”
La ridistribuzione implica controllo e capacità di decisione da parte di coloro che hanno costruito i sistemi di irrigazione e li hanno gestiti. Questa conclusione si estende a tutte le comunità che conservano le paludi di mangrovie, i boschi e gli altipiani, vale a dire tutti quei siti di ricupero del ciclo dell’acqua.
Inoltre si dovrebbero stabilire, nel nuovo quadro legale, meccanismi chiari e precisi che impediscano la contaminazione dell’acqua, al tempo stesso che si procede al ricupero delle fonti e dell’acqua contaminata. La legge sulle acque dovrebbe proibire attività minerarie vicine alle fonti di acqua e dovrebbe anche obbligare chiunque sia interessato allo sfruttamento di risorse minerarie a dimostrare previamente che ha gestito delle attività simili senza provocare la contaminazione dell’acqua durante lo sfruttamento e per almeno dieci anni dopo la chiusura delle miniere.
Per ottenerlo, in Montecristi si sono disposti meccanismi come le “auditorias” dell’acqua e soprattutto una serie di principi fondamentali come la plurinazionalità, il Buon Vivere o sumak kawsay, i Diritti della Natura.

Alcuni punti non negoziabili

Da quanto esposto sopra derivano conclusioni chiare: non basta che l’attuale progetto di legge dell’acqua sia migliore di quello presentato dal governo attraverso SENAGUA. Senza sottovalutare i progressi fatti grazie alla mobilitazione e alla pressione popolare, dobbiamo mettere in evidenza i seguenti punti critici che richiedono una soluzione: 1.La legge deve garantire la vigenza del principio fondamentale in TUTTI gli aspetti: l’acqua è un diritto fondamentale. L’acqua è vita e non uno spazio per fare affari.
2.La nuova legge deve garantire i Diritti della Natura. Non si può consentire che delle attività di produzione pongano a rischio la sua esistenza, il mantenimento e la rigenerazione dei cicli vitali dell’acqua. La non-contaminazione dell’acqua è il principio e nostro compito primordiale.
3.Questa legge deve garantire l’esercizio della plurinazionalità. Tutti i popoli, sia indigeni che afroecuatoriani, montubios, cholos e meticci, in questo quadro giuridico devono veder garantiti i loro diritti. Tutti devono partecipare effettivamente alla gestione e alla risoluzione dei conflitti esistenti riguardo all’uso, all’amministrazione e alla conservazione dell’acqua.
4.La gestione dell’acqua deve essere in mani pubbliche e comunitarie, così come prescrive la Costituzione. Questo significa che l’autorità unica dell’acqua garantisce e rende viabile la partecipazione effettiva di tutte le persone, comunità, popoli, e nazionalità nella formulazione, esecuzione, valutazione e controllo delle politiche pubbliche relative all’acqua.
5.Non è sufficiente impedire la privatizzazione nel futuro: si deve portare avanti la de-privatizzazione immediata dell’acqua. E’ intollerabile che si sia concessa la proroga della concessione a INTERAGUA; e questa deve essere annullata. Bisogna anche fare marcia indietro nelle concessioni per le compagnie imbottigliatrici di acqua e di acque termali, cercando delle risposte che coinvolgano le comunità nel loro godimento. E’ fondamentale impedire l’accaparramento dell’acqua in poche mani, la sua ridistribuzione deve essere un obiettivo immediato e prioritario.
6.Deve essere proibita con determinazione qualsiasi forma di servizio ambientale sull’acqua e tutti gli ecosistemi, così come stabilisce la Costituzione di Montecristi. Questa opzione servirebbe semplicemente a nascondere processi di privatizzazione degli altipiani, boschi, stagni, paludi, vale a dire delle fonti di acqua.
7.Garantire il minimo vitale gratuito per tutti/e gli/le abitanti del paese, senza discriminazioni, è un altro dei punti chiave che la nuova legge dovrà includere. Questo, tuttavia, non vuol dire che non si dovrebbero considerare delle tariffe differenziate per il consumo dell’acqua, infatti una cosa è il costo dell’acqua per le attività produttive relative alla sovranità alimentare, un altro, e molto più alto, è il costo per le attività di svago: una cosa deve essere il costo per produrre patate e un’altra, per esempio, per irrigare un campo da golf.
8.Nella legge deve rimanere chiaramente stabilita la prelazione nell’uso dell’acqua: 1) per l’essere umano, 2) per la sovranità alimentare, 3) per garantire il ciclo vitale dell’acqua e 4) per attività produttive. La vita dovrebbe essere anche cautelata in tutti gli aspetti, dato che, per citare appena un caso, le miniere di metalli a grande scala e a cielo aperto si profilano come la nuova, grande fonte di contaminazione dell’acqua, così come attualmente succede con il petrolio.
9.La Legge deve promuovere un modello di gestione dell’acqua efficiente, che recuperi e sviluppi modelli giusti di conservazione delle fonti e corsi d’acqua, che coinvolgano direttamente la cittadinanza organizzata nelle campagne e nelle città, e che, soprattutto, riaffermino la sovranità. Questo implica superare il modello che considera il fiume e il mare come cloache e riscattare i valori di bellezza, di uso, di cura dei nostri estuari, fiumi, laghi e stagni.
10.Ricuperare il controllo sull’acqua da parte della società è una condizione basilare per il Buon Vivere, sia nella campagna che nella città.

Vigilanza e mobilitazione sono indispensabili

La disputa per l’acqua continua. Dopo l’imposizione delle leggi sulle miniere e sulla sovranità alimentare, contrarie alla Costituzione, la discussione del progetto di legge dell’acqua passa attraverso un momento di definizioni.   Dare le garanzie necessarie perché il paese, il suo territorio e la sua gente contino con la quantità e la qualità di acqua richieste per l’oggi e il domani: questa è la grande sfida affidata alle nostre mani.   Ancora una volta sono gli indigeni, i contadini, gli abitanti delle regioni basse, i giovani, gli ecologisti, quelli che difendono l’interesse nazionale ricorrendo ogni volta alla mobilitazione e alla protesta. La loro azione deve impedire che si consolidi la contro-rivoluzione legislativa auspicata dallo stesso governo del presidente Rafael Correa; contro-rivoluzione che pone a rischio la stessa Costituzione. Poco a poco si consolida un’intenzionalità perversa orientata a minimizzare, attraverso le leggi, i maggiori risultati costituzionali in aspetti fondamentali come i diritti collettivi e i Diritti della Natura.

[1] Economista ecuadoriano. Professore e ricercatore della FLACSO. Ministro dell’Energia e delle Miniere, gennaio-giugno 2007. Presidente dell’ Assemblea Costituente e parlamentare dall’ottobre 2007 al luglio 2008.

Tradotto in italiano per Attac Italia da Fiorella Bomè: www.attac.it