cineforum


E' UNA QUESTIONE DI LEGALITA'

VENERDI' 26 SETTEMBRE h 21.30

proiezione film " GATTO NERO GATTO BIANCO" di Emir Kusturica

al centro di documentazione

il CUBO in piazza Dante n.0


"GATTO NERO GATTO BIANCO" parla di un mondo popolato da sfruttatori e truffatori, vittime e criminali di guerra, in cui l'unico modo per restare puri è l'ingenuità e le uniche possibilità di sopravvivenza sono nella rakjia, nella musica e nel sesso. Anche qui, come in tutti i film precedenti, Kusturica è dalla parte dei perdenti, degli outsiders, degli innocenti.

"GATTO NERO GATTO BIANCO"è una scorribanda sull'eterna lotta per il denaro e la sopravvivenza:

vitale come la scena d'amore nel campo di girasoli, di gran lunga la più bella vista sullo schermo

disperato come una nazione dilaniata dalle peggiori truffe; delirante come una banda di zingari che suona appesa ad un albero, divertente come tutto ciò che ci consente di vivere nell'inferno e, pur sapendolo, di riderne

le parole per descrivere questo film non bastano....bisogna vederlo....immedesimarsi nel contesto, nei personaggi che hanno reso "GATTO NERO GATTO BIANCO" un film che parla di tradimenti ed illusioni, soprusi ed oppressioni, violenze ed amore, dell'eterna maledizione dell'uomo. Kusturica lo riprende usando una fotografia più naturalistica, meno stilizzata del solito, perché pensa che questa favola sia terribilmente vera. Il che ci porta direttamente al punto.

Proprio il fatto che la favola sia estremamente reale e presente ci ha portato e ci porta a combattere la bestialità e l'indifferenza in tutte le loro forme, anche in quelle istituzionali e legalitarie. Perchè ci sta troppo a cuore l'umanità e l'essere solidali...

Per questo abbiamo deciso di proiettare questo film perchè crediamo che lo sgombero del campo rom non possa avere una ragione logica nè ora nè in futuro.

contro lo sgombero


è nato un sito per organizzare e diffondere le iniziative contro l'imminiente sgombero delle 4 famiglie rom. il sito è:
www.nosgombero-rom.135.it

il sindaco dice di essere un semplice esecutore, la sua giunta dice che la legge è dalla loro parte, che bisogna "sanare", che sono "abusivi". il risultato sono 15 persone in mezzo ad una strada.
tutto questo in nome della solidarietà e del "cristianesimo sociale".
scusate, ma puzza di ridicolo.

E’ una questione di legalità. Parte II

Ovvero come il comune possa sbattere in mezzo ad una strada 15 persone con l’inverno alle porte

Chissà se la giunta di centro-sinistra che sta amministrando la nostra città si è accorta di cosa sta facendo. In nome della legalità (quanto mai di moda in questo sfortunato periodo italiano) il comune vorrebbe sgomberare 3 famiglie da un campo di loro proprietà in Strada Fontaneto tra Chieri e Cambiano. Queste famiglie vivono lì ormai da 3 anni, non hanno mai dato fastidio a nessuno, hanno un buon rapporto con il vicinato, i bambini seguono regolarmente la scuola con discreti se non buoni risultati. Per vivere, come migliaia di persone a Chieri, sono liberi professionisti. Raccolgono e commerciano metalli pagando le tasse. Hanno poco, ma quel poco che hanno se lo fanno bastare. Il campo di cui erano proprietari, pagato migliaia di euro è stato espropriato dal comune a titolo gratuito. Le scuse del Sindaco Gay e della sua giunta sono state delle più varie: che il terreno è agricolo, troppo vicino alla ferrovia, a pericolo esondazione, ecc. Per carità, tutti motivi più che validi per distruggere i pochi averi di queste famiglie e per offrirgli il marciapiede come letto e come cucina.
Noi non stiamo a sindacare sui motivi probabilmente legittimi dello sgombero, noi ci opponiamo con tutte le nostre forze all’indifferenza di queste “persone di sinistra” che non offrono nulla a chi già non ha nulla. Costringono queste persone fuggite da Torino a causa della violenza che erano costrette a subire, a tornare nell’illegalità da cui erano riuscite ad uscire. Allora la nostra proposta è questa signor sindaco: quando a novembre-dicembre queste persone non sapranno dove andare per non morire di freddo, che fa, le ospita per qualche settimana a casa sua? Fosse solo per festeggiare il santo Natale in famiglia, al caldo, tra visi amici come ci ricorda un torinese che lei dovrebbe conoscere molto bene.
Quello che proponiamo non è continuare una situazione di illegalità (a danno esclusivo delle famiglie, non certo suo o nostro signor Sindaco), quanto piuttosto che serenamente, senza ipocrisie, si cerchi una soluzione dignitosa ed umana per questo problema, contattando il comune di Torino, il consorzio socio-assistenziale e tutte quelle associazioni di volontariato che già hanno conosciuto queste famiglie e si sono dimostrate solidali con la loro situazione. E includendo, non escludendo che si risolvono i problemi. Già troppe persone che vivono a Chieri a causa della povertà o della solitudine vengono emarginate. E’ ora di dare un segnale chiaro.
Sappia che se lei con la sua giunta continuerà a perseguire la bestialità e l’indifferenza come linea politica, noi non potremmo che opporci in modo risoluto, perché noi signor sindaco non abbiamo dimenticato cos’è l’umanità e l’essere solidali.
centro di documentazione il Cubo

letture consigliate!

L’uomo a una dimensione, Einaudi, Torino 1967, pp. 253-255

Alla negazione della libertà, e perfino della possibilità della libertà, corrisponde la concessione di libertà atte a rafforzare la repressione. È spaventoso il modo in cui si permette alla popolazione di distruggere la pace ovunque vi sia ancora pace e silenzio, di essere laidi e rendere laide le cose, di lordare l’intimità, di offendere la buona creanza. È spaventoso perché rivela lo sforzo legittimo e persino organizzato di conculcare l’Altro nel suo proprio diritto, di prevenire l’autonomia anche in una piccola, riservata sfera dell’esistenza. Nei paesi supersviluppati, una parte sempre piú larga della popolazione diventa un immenso uditorio di prigionieri, catturati non da un regime totalitario ma dalle libertà dei concittadini i cui media di divertimento e di elevazione costringono l’Altro a condividere ciò che essi sentono, vedono e odorano.

Come può una società ch’è incapace di proteggere la sfera privata dell’individuo persino tra i quattro muri di casa sua asserire legittimamente di rispettare l’individuo e di essere una società libera? È ovvio che una società vien definita libera da ben altri fondamentali risultati, oltre che dall’autonomia dei privati. Eppure, l’assenza di quest’ultima vizia anche le maggiori istituzioni della libertà economica e politica, negando la libertà alle sue nascoste radici. La socializzazione di massa comincia nella casa ed arresta lo sviluppo della consapevolezza e della coscienza. Per giungere all’autonomia si richiedono condizioni in cui le dimensioni represse dell’esperienza possano tornare di nuovo alla vita; la loro liberazione richiede la repressione delle soddisfazioni e dei bisogni eteronomi che organizzano la vita in questa società. Quanto piú essi son diventati le soddisfazioni ed i bisogni propri dell’individuo, tanto piú la loro repressione apparirebbe come una privazione davvero fatale. Ma proprio in virtú di tale carattere fatale essa può produrre il requisito soggettivo primario per un mutamento qualitativo, vale a dire la ridefinizione dei bisogni.

Si prenda un esempio (sfortunatamente fantastico): la semplice assenza di ogni pubblicità e di ogni mezzo indottrinante di informazione e di trattenimento precipiterebbe l’individuo in un vuoto traumatico in cui egli avrebbe la possibilità di farsi delle domande e di pensare, di conoscere se stesso (o piuttosto la negazione di se stesso) e la sua società. Privato dei suoi falsi padri, dei capi, degli amici, e dei rappresentanti, egli dovrebbe imparare di bel nuovo il suo ABC. Ma le parole e le frasi che egli formerebbe potrebbero venir fuori in modo affatto diverso, e cosí dicasi delle sue aspirazioni e paure.

È certo che una situazione simile sarebbe un incubo insopportabile. Mentre la gente può sopportare la produzione continua di armi nucleari, di pioggia radioattiva, e di alimenti discutibili, essa non può (proprio per questa ragione!) tollerare di essere privata del intrattenimento e dell’educazione che la rende capace di riprodurre i meccanismi predisposti per la sua difesa o per la sua distruzione. L’arresto della televisione e degli altri media che l’affiancano potrebbe quindi contribuire a provocare ciò che le contraddizioni inerenti del capitalismo non provocarono – la disintegrazione del sistema. La creazione di bisogni repressivi è diventata da lungo tempo parte del lavoro socialmente necessario – necessario nel senso che senza di esso il modo stabilito di produzione non potrebbe reggersi. Qui non sono in gioco né problemi di psicologia né problemi di estetica, ma piuttosto la base materiale del dominio.